Nel mese di marzo a Milano, mentre nell’ambiente museale della Rotonda della Besana, era di scena il “veramente falso”, nelle vie centrali della città hanno fatto la comparsa manifesti che sembravano annunciare una rassegna sull’intera opera di Van Gogh, evento eccezionale se si pensa alle recenti grandi mostre celebrative olandesi.
Anche il passante più attento, seppur sempre frettoloso, colto dall’occhio della cinepresa ha rivelato tutto il suo disorientamento di fronte al messaggio verbale e grafico dell’ “affiche”: “VAN GOGH”. Sotto il titolo del resto campeggiava l’immagine fotografica in bianco e nero di una grattuggia, “strumento” che nulla ha mai avuto a che fare con le opere dell’artista, e alla base del manifesto si poteva leggere “TUTTE LE OPERE – ORARIO: 20.00-22.00”. Niente altro.
Ripensandoci ancora, anche se dopo qualche giorno la “performance”, il dilemma resta: siamo anche qui di fronte al veramente falso?
Se l’informazione non è di certo vera (infatti della mostra non v’era neppure l’ombra), l’opera o meglio l’operazione non può qualificarsi come falsa: non copia nulla nè vuole ingannare l’osservatore ma al contrario gode di una propria autonomia artistica che in prima approssimazione possiamo collocare nell’ampio filone dell’arte concettuale in cui i meccanismi mentali prendono il sopravvento sul manufatto.
Nel manifesto non compare il nome del “creativo” che vi stava dietro.
Ad operazione conclusa possiamo rivelare che l’artista in questione è Carlo Buzzi, di Castellanza, del quale abbiamo già avuto modo di parlare in occasione di una manifestazione durante la quale presentava una pagina di pubblicità apparsa sulla rivista “Flash Art” riguardante una presunta mostra di Picasso.
“Medium” e immagine diversi ma procedimento identico a quello di cui ci occupiamo, lavori che si muovono sul terreno della perdita di valore dell’informazione, di cui la pubblicità costituisce un aspetto rilevante.
Perdita da attribuire agli orientamenti sempre più utilitaristici dei messaggi e dei mezzi di comunicazione, alla ripetitività e all’iperaffollamento degli stessi. L’operazione compiuta da Buzzi è molto sottile: realizza un “prodotto” con tutti i crismi esteriori della comunicazione pubblicitaria (mezzo con proprie caratteristiche diffusionali, messaggio composito), ma al suo interno colloca due elementi di segno opposto. Uno “forte”, il superartista della presunta mostra, l’altro “debole”, l’oggetto di uso domestico. Quest’ultimo azzera nel medesimo attimo percettivo il valore forte della citazione.
Sarebbe fuori luogo pensare che Buzzi con le sue opere voglia trarre in inganno l’osservatore. La vera opera è l’”operazione”, finita la quale rimane a memoria il manifesto strappato o non affisso, la documentazione fotografica e della cinepresa.
Fabrizio Rovesti – “Carlo Buzzi “resuscita” VAN GOGH per le vie di Milano” – LA PREALPINA, Domenica 7 Aprile 1991.