Il cranio di B., il neurocranio di B., il cranio che B. espone ovunque vada (mostre altrui incluse), è un cranio: un (bi)cranio con cui è possibile fare delle cose, un cranio con cui è possibile fare dei vasi, un cranio adatto per fare dei vasi2. Sarà sufficiente farne dei calchi nell’argilla. Sarà sufficiente imprimere delle concavità nell’argilla con la convessità dolicomorfa ed esocranica del cranio di B., ed ecco una serie di vasi. Poi, dentro ai vuoti dei vasi, gli “artisti perplessi”3 porranno le loro cose solide, liquide o aeriformi (se ne avranno).4 Poi i canopi, stampati dal cranio-matrice di B., potranno essere esposti, criticati, catalogati e svenduti. Così il vaso di B. sarà riempito di contenuti e di significati (letterali, anagogici, allegorici e morali), mentre nel mondo altre teste (altri vasi) vengono riempiti di piombo o staccate dai rispettivi corpi. Dio mio!…
Maurizio Medaglia
1997
NOTE1. Piéce di gusto ‘pulp’ adatta a «un gusto per le malattie e a un’avidità di depravazioni. Se si è stati delusi dai paradossi terreni, allora se ne cercano altri, di natura più strana; si spera in follie introvabili nei brividi quotidiani, follie cariche di esotismo celeste. Ecco, l’esteta diventa agiografico, pronto per un pellegrinaggio erudito… Egli lo intraprende senza sospettare che è soltanto una psseggiata, e che in questo mondo tutto delude (…)». E.M.C., Précis de décomposition, 1949
Colonna sonora dei Talking Heads (Once in a lifetime) o di B. Eno (Nerve Net).
Coreografie a cura dei Dayak superstiti: i “daiacchi” salgariani del Borneo la cui cultura prevedeva anche la mutilazione rituale, la performatio glandis e la celebre caccia alle teste.2. Dal latino tardo testa(m), “vaso di terra”: passato nel linguaggio parlato a indicare il ‘cranio’ e poi la ‘testa’, finendo per soppiantare in gran parte della Romània gli esiti popolari del più antico ‘caput’.3. Con rif. a Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos (Gli artisti sotto la tenda del circo: perplessi), un film di Alex Kluge del ’67 che segnalava l’impasse dell’”artista perplesso” tra un mondo in estinzione (il circo) e il “nuovo” immaginario più arido e povero di esperienze (quello televisivo). 4. «Nei miei ritratti alle teste umane ho spesso accostato oggetti, alberi o animali in quanto non sono ancora sicuro dei limiti entro cui può fermarsi il corpo dell’io umano», A. Artaud.